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Disturbi del sonno per quasi la metà delle persone con malattie della pelle

Le malattie dermatologiche interessano circa il 25% degli italiani. Oltre al prurito, ansia e nervosismo – spesso associati – creano un circolo vizioso che favorisce insonnia, apnee ostruttive, bruxismo e anche russamento.

Dormono male o non dormono affatto, con conseguenze pesanti a scuola e sul lavoro. È una realtà che conosce bene chi soffre di una malattia della pelle: quasi la metà dei pazienti dermatologici, infatti, soffre di disturbi del sonno. Lo ha rilevato una vasta analisi presentata a Berlino durante l’ultimo congresso dell‘European Academy of Dermatology and Venereology (Eadv), condotta su oltre 50mila adulti in 20 Paesi europei proprio con l’intento d’indagare l’impatto delle patologie cutanee sulla quotidianità delle persone. «Ne è emerso che insonniaapnee ostruttivebruxismo sono molto diffusi e interessano il 42% di chi vive con una malattia cutanea, con una ridotta produttività lavorativa riportata dal 49% degli intervistati» commenta Giuseppe Argenziano, presidente della Società Italiana di Dermatologia e Malattie sessualmente trasmesse (SIDeMaST).

I sintomi

I sintomi principali che creano problemi sono il prurito, che affligge ben il 60% dei pazienti, unito a una sensazione di calore o al formicolio. A cui si aggiungono spesso ansia e nervosismo che sono, purtroppo parte integrante di un «circolo vizioso» che affligge molti malati dermatologici: «È un disagio trasversale in tantissimi casi: il prurito crea problemi nel dormire, così aumenta lo stress nei pazienti che, a sua volta, è precursore della comparsa o dell’aggravamento delle lesioni cutanee — spiega Maria Concetta Fargnoli, vicepresidente della SIDeMaST —. Accade per diverse patologie: eritemieczemiacnepsoriasirosaceaalopecia, solo per citarne alcune. Esiste, infatti, un profondo legame tra sistema nervoso centrale e pelle, documentato scientificamente e il fattore comune alla base di tutto è lo stato infiammatorio che può sia scatenare la comparsa di lesioni in persone che sono geneticamente predisposte, sia portare a una riacutizzazione dei problemi cutanei».

Allentare le tensioni

Gli esperti raccomandano quindi di trovare il modo per allentare le tensioni (l’attività fisica è la strategia più consigliata) e per non avere un’agenda troppo densa di impegni: strategie cruciali per il nostro benessere, tanto quanto dormire la giusta quantità di ore. Le malattie dermatologiche interessano in totale circa il 25% della popolazione italiana.

Quando andare dal dermatologo

Meglio farsi vedere, prima che la situazione peggiori, in caso di macchie, bolle, pustole, croste o desquamazioneprurito o dolore diffuso o localizzatounghie fragili o con macchiepelle spesso secca e nei «strani», di qualunque colore, che cambiano forma o crescono nelle dimensioni. Con una diagnosi precoce molte patologie possono essere guarite o tenute sotto controllo a lungo. Dall’indagine All Projetc illustrata all’Eadv appare chiaro il prezzo pagato dai pazienti per la carenza di sonno: l’81% prova un senso di stanchezza perdurante fin dal primo risveglio, l’83% prova sonnolenza durante la giornata, un pizzicore agli occhi tormenta il 58% degli interpellati e il 72% non riesce a tenere a bada gli sbadigli.

Accorgimenti per migliorare la qualità del sonno

«Verificare la qualità di vita dei nostri pazienti è parte integrante della cura, anche perché tante patologie dermatologiche sono croniche o persistono per diversi mesi e lo scopo della terapia prescritta è consentire alle persone di vivere bene, riuscendo a condurre con soddisfazione le normali attività quotidiane — conclude Argenziano, professore ordinario di Dermatologia all’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli —. Per migliorare la qualità del sonno, ad esempio, ci sono una serie di accorgimenti che i pazienti possono avere. Innanzitutto si può utilizzare un antistaminico per alleviare il prurito, quando necessario. È indispensabile parlare dei problemi con il dermatologo, che potrebbe decidere di modificare la cura, nel caso non fosse adeguata a tenere a bada la patologia di cui soffre il paziente».
Più in generale, poi, è bene accertarsi che la camera sia sufficientemente oscurata e isolata da eventuali rumori o distrazioni. Inoltre può essere utile cercare di mantenere orari regolari per addormentarsi e svegliarsi, evitare di bere stimolanti come la caffeina nelle ore precedenti il riposo e andare a letto solo per dormire, non per leggere o guardare la televisione.

La pelle invecchia se si dorme poco

Diverse ricerche scientifiche hanno poi messo in luce che la pelle invecchia se si dorme poco: «Una carenza cronica di sonno e la diminuzione dei livelli di serotonina hanno un impatto negativo anche a livello epidermico — conclude Maria Concetta Fargnoli, professore ordinario di Dermatologia presso l’Università degli Studi dell’Aquila — . La cute invecchia peggio e più in fretta (il collagene, che aiuta la pelle a restare soda e non “cadere”, si rigenera mentre riposiamo proprio come le cellule di cervello e muscoli), ed è meno efficiente nelle sue funzioni (ad esempio ha più difficoltà a rimarginare le ferite)».

Problemi dermatologici in aumento

Le malattie delle pelle colpiscono indistintamente a ogni età sono oltre 3 mila. Oggi in Italia interessano una persona su quattro, che spesso paga un prezzo anche a livello economico (quando si deve sostenere il costo di alcune cure) e psicologico (una patologia cutanea è spesso visibile) con danni alla vita affettiva, sociale e lavorativa o scolastica. Alcune forme, come certi tumori, sono invalidanti o mortali. Alcuni fattori che determinano il benessere della pelle non possono essere modificati: ad esempio genetica, disordini ormonali o inquinamento atmosferico. Per altri invece bastano semplici attenzioni quotidiane per evitare un impatto negativo sulla capacità della pelle di lavorare efficacemente come nostra barriera protettiva, per esempio: alimentazione scorretta, fumo, stress, carenza di sonno, sedentarietà e disidratazione.

In alcuni casi stigma e pregiudizi «pesano» di più

Chi soffre di idrosadenite suppurativa paga un prezzo particolarmente elevato nella quotidianità: il 77% dei pazienti percepisce stigma dovuto alla malattia, il 72% è a disagio davanti allo specchio, il 58% prova un senso di rifiuto da parte delle altre persone. «Il disagio rilevato dalla ricerca All Project, presentata al convegno Eadv in Germania, fotografa la realtà difficile di chi deve convivere con questa patologia — commenta Maria Concetta Fargnoli, responsabile dell’Unità di Dermatologia presso l’Ospedale San Salvatore dell’Aquila —. L’idrosadenite è una malattia infiammatoria cronica della pelle, che può essere molto dolorosa e richiedere mesi (non di rado anni) per essere diagnosticata correttamente. Si presenta con noduli infiammati localizzati alle pieghe, in particolare ascelle e inguine, che spesso vengono scambiati per semplici foruncoli, ma possono evolvere in fistole e ascessi, con secrezioni purulente e maleodoranti». I primi sintomi in genere fanno la loro comparsa fra i 20 e i 30 anni d’età e in circa tre quarti dei casi la malattia interessa le donne. Secondo le statistiche i nuovi casi annui in Italia sono circa 2mila, ma gli esperti credono i numeri siano sottostimati.

Idrosadenite suppurativa, risvolti psicologici

«Il peso psicologico della idrosadenite suppurativa è complesso: chi ne soffre ha una percezione distorta della propria immagine corporea e ne risente a livello psicologico tanto da essere a rischio elevato di depressione e convivere con un forte stato d’ansia. Quando però l’idrosadenite viene riconosciuta esistono terapie efficaci che consentono ai malati di avere una buona qualità di vita» prosegue Fargnoli. Sebbene non esistano soluzioni che consentano di parlare di guarigione definitiva, ci sono diverse cure che vengono prescritte in base alla gravità della patologia. «Nei casi più lievi (con poche lesioni isolate e senza dolore) o moderati (sedi multiple e dolore) si procede con antibiotici per bocca o topici, da applicare sulle zone interessate — spiega Angelo Valerio Marzano, direttore della Dermatologia alla Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Policlinico di Milano e presidente della task force SIDeMaST sull’idrosadenite —. Se non funzionano e la malattia progredisce, così come nelle forme gravi, si può ricorrere a farmaci biologici già utilizzati nella cura di altre patologie infiammatorie immunomediate. Sempre più spazio acquisisce poi la chirurgia, minima (drenaggio di ascessi, che può essere eseguita dal dermatologo) o più radicale, che consiste nell’asportazione di intere parti di tessuto che comprendono follicoli piliferi e ghiandole apocrine colpite dall’infiammazione». Al momento questa seconda opzione viene praticata in Italia solo in alcuni centri specializzati. «Vista la complessità di questa patologia, è importante che i pazienti siano seguiti da team multidisciplinari (dermatologi, infettivologi, chirurghi plastici, psicologi e non solo) in grado di seguirli al meglio su più fronti», conclude Marzano.

 

Fonte citata: https://www.corriere.it/salute/dermatologia/